Trascorriamo i nostri primi nove mesi nell’acqua, per poi
passare il resto della vita e, salvo rari casi, morire sulla terra. Una
condizione altamente insoddisfacente. Soprattutto per chi, come me,
all’acqua è estremamente legato sin da bambino. Una passione mutuata dal
ramo materno della mia famiglia. Mia madre e sua sorella erano due subacquee
accanite, se mi si passa il termine, grandi appassionate del mare ma non
solo di quello: dall’autunno alla primavera mi portavano a spasso per
campagne e boschi. I libri che mi regalavano, a parte i soliti Salgari,
Verne e qualche illeggibile pistone come Senza Famiglia o Piccoli Uomini,
erano robe tipo “Il Naturalista Dilettante”, che parlavano di ragni,
lucertole, raccontavano di come farsi un proprio formicaio personale in
casa, allevare mantidi e altre piacevolezze del genere. Per casa circolavano
animali di ogni tipo, avevamo una quantità di acquari e ricordo che mia
madre aveva trasformato in voliera uno dei terrazzi dell’appartamento in cui
si abitava. Raccoglievamo conchiglie, sassi strani e colorati, ossi di
seppia e qualunque cosa avesse il fascino della natura e non puzzasse troppo
di umanità.
Mio nonno paterno faceva il fotografo. Mio padre pure. Negli scaffali di
casa si annidavano annate di Popular Photography (che lo sa il cielo dove
sono andate a finire) e libri di Feininger.
Si, tutto sommato, sono stato fortunato. Era un po’ che non ci pensavo. E’
stato un bel tempo. Di cui è rimasta qualche foto conservata nella mia
imperfetta memoria analogica, fatta ancora di sinapsi e neuroni che
evaporano a velocità vertiginosa.
Il cielo aveva il colore delle rondini.
Vivevamo di calci, di sassi lanciati alle nuvole, di chi sputava più
lontano. Di chi sognava più lontano. Le auto per strada avevano il sapore
della polvere e la domenica ci spedivano a messa. I più fortunati venivano
spediti al mare, in colonia o chissà dove, in posti sperduti e denominati
campi dove si sussurrava accadesse di tutto. Molti, al loro ritorno,
portavano i segni delle battaglie sostenute.
Noi stavamo da soli. E ce lo siamo dimenticato.
E quando, per avventura, tendevamo trappole a nemici numerosissimi,
cavalcando le nostre mani e i nostri cuori, erano battaglie epiche e scontri
feroci.
Erano.
Erano bandiere e trombe che gonfiavano le nostre guance, e liti furibonde,
grida e strida. Colpi di spada.
E un sole che spaccava la testa ai passeri d'estate.
Ma non a noi.
E passeri a cui spaccare la testa in primavera.
Non si può mai essere contenti tutti.
Passeri e cuccioli.
Lucciole e lanterne
Farina, crusca, pentole, coperchi
Ladri e assassini
E noi
E avevamo madri con la vista lunga e la pazienza corta. Padri che tornavano
la sera o chissà quando e se mai. Ma poi tornavano e quelli che non
tornavano erano sempre quelli degli altri e noi a rincorrere indiani e cani
attorno a un tavolo. Giù per un cortile. Per le scale. Per centomilamilioni
di stanze. E sulla fronte e sulle mani sapore di sale. E di fuoco e pane.
E acqua. Da bere a gola spiegata. In fretta senza respirare. Che quella non
era sete era fame.
Avremmo bevuto tutta l'acqua del mondo e poi a dire che buona che era.
Sognavamo di ordigni a rotelle, grandi navi e aerei da tenere nel palmo
della mano.
E ancora correvamo sulle nostre mani. Ore e giorni a setacciare mari
adorando gemme di vetro levigato. Da contendere al resto del mondo. Da
contare in un angolo. Gli occhi illuminati da quel tesoro. E scrigni di
latta e di cartone da covare in fondo all'anima.
Ed erano belle anime
Mediterranea, 2005, Ed.Pubblinova, Gallarate. ©
Bruno Manunza
Bruno Manunza, è ricercatore presso il Dipartimento di Agraria dell'Università di Sassari dove lavora nella Sezione di Acquacoltura ed Ecologia Marina e si occupa attivamente di fotografia naturalistica. E'autore dei volumi fotografici: Natura e Civiltà nella Provincia di Sassari (Pubblinova 2014) Arcipelago Verde (Pubblinova 2013), Dai Mari della Sardegna, un'Isola di Biodiversità (Pubblinova, 2011), Sennoricas, Orchidee di Sardegna (Imago, 2010), Mediterranea, pubblicato dalla Pubblinova (2007) nella collana Fotografi per Natura, Dall'acqua all'aria (Magnum, 2005) dedicato ai Parchi ed alle riserve naturali del Nord Sardegna,
e dei due volumi sugli invertebrati
dell’Enciclopedia della Fauna Sarda, nonchè della guida 'Sassari Natura
e Paesaggio', sulle risorse naturali del territorio attorno a Sassari, e
di 'Sassari città regia', una guida fotografica alle risorse artistiche
della Città di Sassari. Sue molte foto e le copertine di sei dei volumi
dell’Enciclopedia della Fauna della Sardegna edita dall’Archivio
Fotografico Sardo (2008). |
Ha
curato, collaborando con il Comune di Sassari, la realizzazione
grafica delle mostre: Rosello, Il Vestito della Festa (Sassari
luglio-agosto 2001), e Platamona: Ricordi d'estate (Platamona-Sassari
agosto-settembre 2002) dedicate, rispettivamente, alla Fontana del
Rosello a Sassari, alle tradizioni dei Gremi sassaresi e della Discesa
dei Candelieri ed alla spiaggia e pineta di Platamona. Le sue immagini sul Lago
di Baratz, unico lago naturale della Sardegna, sono state esposte nella
mostra fotografica Baratz, immagini da un lago, a Sassari presso il
Palazzo Ducale nel settembre 1999. Sempre a Palazzo Ducale, a Sassari,
nel luglio
Da Aprile a
Luglio |